UN PROGETTO DELL' ISTITUTO TUTELA PRODUTTORI ITALIANI

Nata nel 1995 in Inghilterra, Lush – oltre 900 punti vendita nel mondo, di cui più di un centinaio nel Regno Unito - si contraddistingue per etica, sostenibilità e innovazione. Il marchio crea, produce e commercializza cosmetici freschi e fatti a mano, come bombe da bagno, prodotti per l’igiene orale e confetti di shampoo solido. L’azienda si oppone fortemente a qualunque tipo di test sugli animali e supporta commercio equosolidale e comunità anche con forti investimenti.
Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato di Lush Italia, Alessandro Andreanelli.

I vostri investimenti sostenibili sono molti: facciamo solo un esempio….

Nel 2010, Lush ha, fra l’altro, dato il via al progetto Sustainable Lush Fund a supporto delle comunità che producono gli ingredienti dei prodotti Lush, progetto che è evoluto, nel 2018, in Re:Fund, un fondo di 1,5 milioni di sterline all’anno (circa 1,75 milioni di euro) per sostenere, a livello mondiale, la rigenerazione nelle aree colpite da calamità e spostamenti di popolazioni, per la permacultura e l’agroecologia, e per la rinaturalizzazione e la biodiversità.

Quali sono i fatti e le cifre chiave di Lush Italia?

Nel 2018 Lush ha compiuto i 20 anni nella nostra Penisola dove oggi conta 31 negozi e un sito per la vendita online. Il punto vendita, centralissimo, di via Torino, 42, a Milano, il 1° giugno 2018 è diventato il primo Lush Naked Shop al mondo, a testimonianza dell’impegno del brand nel ridurre sempre più il proprio impatto ambientale e fornire alternative efficaci e prive di packaging. Tuttavia, nel 2020, per ragioni legate al periodo, questo stesso negozio è stato riconvertito a punto vendita tradizionale. Ma continua il nostro forte impegno per introdurre in tutta la rete sempre più prodotti nudi e, a oggi, oltre 50% degli articoli in vendita da Lush è totalmente privo di packaging.

Cosa avete fatto per arginare l’impatto del Covidi?

Come per molti altri grandi operatori del non alimentare l’anno non è stato semplice, ma il brand – che ha un fatturato mondiale di poco meno di 1 miliardo di sterline - ha saputo trovare molte soluzioni creative. Non dovrei essere io ad affermarlo, ma siccome il merito è collettivo non posso che dire che l’azienda ha lavorato molto bene, in modo completo e fantasioso, accostando al proprio e-commerce l’ordina e ritira. E non parlo di clicca e ritira – che è stato comunque rafforzato e definito meglio - perché si tratta di una formula più semplice e confidenziale: il cliente ha la possibilità di acquistare anche dai canali social del proprio negozio preferito, o con Whattsapp. Poi abbiamo lanciato il bike delivery, prima a Milano e, in seguito, a Firenze, Roma, Torino e Genova. Stiamo anche firmando un accordo su Venezia, questo per la consegna a piedi, visto che, nella Serenissima, le bici non si usano. Le consegna con mezzi ecologici risponde al nostro forte codice di sostenibilità, come è socialmente sostenibile non avere fatto ricorso ai grandi operatori del delivery che, eccezioni a parte, diversamente dai nostri vettori, non cautelano a sufficienza i rider. Le nostre controparti hanno invece codici etici trasparenti e definiti, codici che Lush ha esaminato scrupolosamente prima di siglare accordi.

Novità in negozio?

In negozio abbiamo puntato sull’esperienza di acquisto e di visita. Infatti, uno dei nostri slogan era - e post Covid, sarà ancora - ‘toccate tutto, meno lo staff’, orientamento stimolante per la clientela, ma non facilmente praticabile in tempi di Covid. Abbiamo dunque sfruttato l’applicazione Lush Labs, che contiene Lush Lens: come dice il termine la ‘lente’ permette di esaminare a fondo e raccogliere tantissime informazioni su articoli che, lo ripeto, sono e saranno sempre di più senza packaging. Anche se attualmente può sembrare un controsenso, ho osservato con piacere che la logica del prodotto ‘nudo’ ha continuato a premiarci anche durante questo 2020. Lush Lens permette anche, ai nostri addetti, muniti di tablet, di interagire con il cliente e organizzare dimostrazioni virtuali. Abbiamo poi creato le consultazioni online fra i nostri colleghi esperti e i clienti, per raccontare, su richiesta, i vari prodotti. Infine, forse un po’ contro la nostra filosofia, abbiamo inserito tester monodose in plastica riciclata, da utilizzare in negozio, o anche a casa, per una prova in sicurezza.

Per i centri commerciali il 2020 è stato drammatico. Conferma comunque il vostro interesse?

Assolutamente sì: i centri commerciali restano una delle nostre priorità. Il dinamismo del canale e quindi il suo consenso presso gli italiani sono stati confermati dalla veloce rimonta dopo il lockdown primaverile e, nonostante le norme natalizie e quelle previste dal Dpcm 3 dicembre e poi dal Decreto 5 gennaio, non c’è motivo di dubitare che manchino le potenzialità future. Per Lush questo canale è quello che ha reagito meglio alla pandemia, ovviamente al netto delle perdite dovute ai giorni di chiusura forzata. Anche se sembra incredibile, i centri storici e – questo è più prevedibile – i due punti vendita travel, nelle stazioni di Milano Centrale e Roma Termini, hanno sofferto di più, per il venir meno dei flussi turistici. Attualmente il nostro marchio è attivo in 8 shopping center di classe tripla A, sopra i 10 milioni di visitatori: Oriocenter di Bergamo, Campania di Marcianise (Caserta), Le Befane di Rimini, Euroma2, Porta di Roma e Cinecittà2, per la Capitale e I Gigli di Campi Bisenzio (Firenze). Oggi guardiamo con interesse, tanto per fare un nome, al Centro di Arese, nonostante Milano sia già presidiata da 5 negozi, tutti molto centrali: Corso Buenos Aires, Duomo, Via Torino, Via Dante e, come detto, Stazione Centrale. Siamo anche attenti ai grandi complessi che stanno sorgendo nell’hinterland, come Milanord2, di Cinisello Balsamo, e Merlata Mall.

Come è andata la stagione natalizia?

Negli ultimi 10 giorni prima di Natale i grandi centri storici, e particolarmente Milano, sembrano essersi risvegliati e lo shopping è andato decisamente bene. Feste a parte le aree commerciali della provincia hanno risposto meglio durante tutto l’anno. La minore concentrazione di persone ha ridotto la paura e così il nostro negozio del Centro Commerciale Brianza di Paderno Dugnano (Mi) si è dimostrato il più dinamico di tutta la rete di Lush Italia, con numeri quasi allineati a quelli del pre-Covid. Lo stesso per i centri storici di Parma e Padova, nuclei urbani che hanno scontato in modo molto marginale la scomparsa dei turisti.

Insomma, il turismo è tiranno?

Non direi: anzi è sicuramente premiante, ma bisogna essere capaci di diversificare il rischio. Così, già in febbraio, il nostro programma, prevedeva sviluppi in vie commerciali come corso Vercelli e Corso Garibaldi di Milano, importanti, ma frequentate soprattutto dai milanesi e meno influenzate dal turismo e un focus sulle medie città di provincia, specie lungo la dorsale adriatica, dove siamo meno presenti, e nel Sud Italia. Il Covid non ha fatto altro che confermare questa nostra ulteriore direzione evolutiva, che si somma alla strategia per i centri prime e che verrà portata avanti appena le condizioni lo permetteranno.

Concludiamo con gli affitti. Come si è svolto il dialogo con le proprietà immobiliari?

Se si è parlato quasi solo delle dilazioni concesse dai centri commerciali, non si è parlato quasi mai dei proprietari degli immobili collocati nei centri storici, che hanno dimostrato, a propria volta, grande buon senso e una forte disponibilità. Essendomi sempre occupato anche di sviluppo, ho osservato una grande apertura mentale e questa è un’ottima cosa perché se il Covid non è certo colpa dei proprietari, non lo è neppure dei commercianti, che, anzi, durante la pandemia, hanno fatto di tutto per mantenere alta la bandiera del retail. Nella sfortuna le due parti sono quasi sempre riuscite a incontrarsi, ammortizzando l’impatto, specie quando il locatario ha pagato il prima possibile grazie ad azioni di contenimento dell’emergenza, come la ricerca di canali di vendita a distanza (e-commerce e delivery) e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, una leva che, evidentemente, deve essere il più morbida possibile e comunque un’extrema ratio, sia per fattori etici, sia perché il mantenimento dei posti di lavoro è la migliore garanzia della ripresa.

 

Fonte > distribuzionemoderna.info

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